ALLEANZA TURISMO E SPORT: LA VAL FORMAZZA SCOMMETTE SU ULTIMO NATO DEGLI ULTRA TRAIL

23 maggio 2016

tratto da LaStampaVCO"


Il «Dito di Dio» indica il Nord. 25 metri di roccia che pare una scultura e appare come un destino mentre lasci i pascoli di Bettelmatt per salire al rifugio Città di Busto. Roccia a forma di dito, come il confine di Stato insegue questa terra dell’estremo Nord del Piemonte, la Val Formazza. S’incunea nella Svizzera, tra scampoli del Canton Vallese verso occidente e del Ticino a Oriente. E in mezzo scorre il Toce.  

 

Fino a quelle cascate che «tolgono il fiato», come dice Gianluca Barp, innamorato di tutto quanto c’è in questa landa d’alpe e pronto a sostenere l’ultimo nato degli Ultra trail, quello del Bettelmatt: 83 chilometri, cinquemila metri di dislivello in un anello tormentato, da forme spezzate su sentieri larghi e ben tenuti. 

 

La Val Formazza offre in questa gara da forsennati con il via il 16 luglio il suo territorio «bellissimo, dove la natura è sorpresa continua», dice ancora Barp, che aggiunge: «E se lo dico io che vengo dal Bellunese...». I sentieri diventeranno «un circuito per gli escursionisti», ricorda Andrea Fuhrmann, che fa parte dell’associazione «FormazzaEvent» per questa terra Walser. Una competizione per promuovere un territorio «in cerca di turismo, e speriamo che sia diverso, nel senso di attento all’ambiente».  

 

Correre per andare piano. Barp: «Queste ultra trail sono gare in cui la corsa è limitata, si ha il tempo di guardarsi intorno, di incontrare gli altri, si vive una filosofia comune». La montagna ormai da anni si è riempita di atleti, anzi, di corridori. La bellezza di pascoli, foreste, picchi e ghiacciai non basta. Ci vuole la corsa, la competizione, la sfida, il pettorale.  

L’AVVENTURA

«E’ avventura - spiega Barp -, ci si sente parte di un gruppo, identità e socializzazione, emozioni da condividere. Ma senza la montagna non ci sarebbe. E qui in Formazza il luogo è spettacolare». Il turismo adesso è necessario. Così il «But», cioè il Bettelmatt Ultra trail, diventa un «cartellone» d’un film possibile, in cui si mescolano la natura con le attività umane, la produzione: dall’energia elettrica all’allevamento. Questa è una terra dell’energia che ha il suo «oro» nell’acqua di cinque dighe dell’Enel.  

 

Piero Sormani, vicepresidente del Club alpino italiano di queste valli, dopo due mandati da presidente, dice: «Ora l’occupazione è in calo nel campo idroelettrico. Hanno cominciato a costruire la prima diga dopo la Grande guerra, poi dopo il secondo conflitto mondiale. Costruire, poi gestire, lavoro per tutti». Si dice che ci fosse un dipendente Enel per ogni famiglia, magari anche due. E ora questa gara che passa al di sopra della splendida cascata del Toce toccherà i sette alpeggi del Bettelmatt, formaggio che deve il suo nome a quello dell’alpeggio più piccolo, a quel «pascolo del tributo» o della «questua», a seconda dell’interpretazione della parola «Bettel» che ha come suffisso il «matt», prato, pascolo. E sconfina in Svizzera, questo sentiero della fatica, passa accanto alle dighe, ai più piccoli laghi naturali, occhi nel verde che pare di essere in una Finlandia anomala, con i saliscendi, invece che piatta. 

NATURA INCONTAMINATA

E chi corre non s’accorge di calpestare il grande metanodotto che vien giù dall’Olanda, fila in profondità accanto al Passo del Gries e poi se ne va in Lombardia, a Busto Arsizio. Qui l’uomo ha rapito la forza della terra, ma la natura si è difesa, è rimasta intatta. La scommessa è non disperdere la bellezza. Il «But» forma un anello che finisce in Svizzera, rientra e unisce la Val Formazza con il Devero e si chiude quando il traguardo è la partenza. In questa valle dove si sono rotti e trasportati quarzi preziosi perché contenevano silicio, ora s’insegue il turismo e la gastronomia. Fra le bandiere il formaggio Bettelmatt, battezzato così dal casaro Franco Bernardini e lanciato dal giornalista gourmet Edoardo Raspelli.  

 

La gara, che i formazzini sperano diventi il circuito degli escursionisti, sfiorerà morene. I concorrenti sentiranno l’aria fine dei ghiacciai, quelli dell’Arbola, montagna di oltre 3200 metri dove è nato lo sci alpinismo. Era il 1903 e gli sci erano fra gli oggetti misteriosi venuti dal Nord. I primi sciatori erano arrivati sulle nevi italiche dal Passo del Gries. Gli artigiani formazzini cominciarono a produrli e i loro atleti diventarono i migliori. La Val Formazza diventò «la valle degli invincibili». 

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